Fattori da considerare nella progettazione di una Rete Aziendale

Dal mio sito ufficiale www.cesarebianchi.com.

Progettare un Sistema Informatico Aziendale (spesso riduttivamente chiamato “Rete” o “LAN”) è un compito che al neofita può apparire banale. Fino a qualche anno fa la fase più fastidiosa era lo stendere decine di metri di cavi, oggi con le reti wireless non serve più neanche quello. Tuttavia anno dopo anno, l’esperienza mi ha insegnato che ci sono una ventina di fattori che vanno considerati prima di progettare una rete, e soprattutto che il mettere “in rete” dei computer, di per sé, è solo l’inizio della storia. Continua a leggere

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Il blog è tornato

Al mio mezzo lettore, mi rendo conto che questo lungo silenzio e la presenza addirittura della pagina “sito registrato, lavori in corso” possano averti messo apprensione e sconforto, ma come vedi, sistemate varie questioni personali, e cambiato provider un paio di volte (dagli esosissimi grassatori di Aruba sto passando tutti i miei siti su Tophost, che costa la metà e dà molti più servizi – fine spot pubblicitario) il blog è di nuovo online. Provvederò anche a copiarvi i vecchi (pochi) articoli, di cui so che il mondo non può fare a meno, e quindi inizierò a scrivere nuovamente i miei improperi contro il mondo, l’umanità e l’universo tutto.

Come avrai notato, mio mezzo lettore, sono passato anche a WordPress, dal vecchio e simpatico Flatpress, di cui comunque continuo a tessere le lodi. C’è da dire però che WP, una volta che non serve svenarsi per acquistare sito + mysql, è un altro pianeta, sia in termini di usabilità che di estendibilità (esistono migliaia di plugin e temi, c’è solo l’imbarazzo della scelta).

Beh, caro mezzo lettore, come nuova introduzione, è tutto. Spero che apprezzerai il rinnovato blog. Non ti aspettare, ovviamente, una costanza negli aggiornamenti. Dovresti conoscermi.

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Un po’ di cultura sulla musica elettronica

Dopo l’ottimo documentario della BBC “Synthbritannia” (gentilmente segnalatomi dalla Dr. Panaccione, PhD), sugli esordi della musica elettronica inglese (ma con tanti riferimenti al resto del mondo, Germania in primis), oggi ho casualmente scovato una perla per chi vuole acculturarsi un minimo sui sintetizzatori, senza leggersi quintali di tomi e perdere notti intere a giocare con il pc (o per i più fortunati e danarosi, con un Moog).

Si tratta di un cd del 1986 (perciò già “storico”) di Walter/Wendy Carlos, per capirci l’autore/autrice della colonna sonora di Arancia Meccanica, Shining, Tron, nonché del rivoluzionario (per il 1968) album “Switched-On Bach“.

Il cd in questione si chiama Secrets of Synthesis ed è una panoramica, guidati dalla voce della stessa Wendy, sulle possibilità espressive della musica sintetica, nonché ovviamente sulla storia delle innovazioni in quel campo.

Devo essere sincero e dire che temo di essermi perso qualche sfumatura avendolo scaricato in mp3 e non ascoltato dal cd originale, in quanto in vari punti non mi è sembrato di cogliere le differenze che lei diceva esserci tra diversi suoni. Forse questo è uno dei rarissimi casi in cui la compressione audio distrugge il brano, ma d’altronde credo che sia anche difficile reperire il cd originale…

Visto che sono in campo musicale, concludo il post con un’altra recente acquisizione (non scoperta, poiché mi era capitato di ascoltarle dal vivo ad inizio anno): le trascrizioni di Liszt per pianoforte delle nove sinfonie di Beethoven. Mi rendo conto che tra Bach suonato al Moog e le sinfonie al pianoforte, ho sconfinato senza vergogna nella meta-musica, ma sempre meglio di Rihanna…

E se proprio volete sapere da dove è iniziato ieri questo peregrinare… ecco qua!

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Un editor grafico per le categorie di flatpress

Come avevo preannunciato nel post pubblicitario su Flatpress (cioè l’applicazione che fa girare questo blog), avevo intenzione di scrivere qualche plugin.

A dire il vero, il plugin in questione l’ho sviluppato più di un mese fa, ma siccome potrebbe essere ulteriormente migliorato (da bravo nerd ne vorrei fare un totale refactoring…) avevo sempre aspettato di avere il tempo e la voglia di rimettermici a lavorare. Poiché però come spesso accade non ho trovato né l’uno né l’altra, ho deciso di renderlo pubblico, diciamo in versione “alpha”, così da rendere un servigio al mondo, che di sicuro me ne sarà grato…

Ed ora cerchiamo di spiegare che d’è sto nuovo plugin che ho sviluppato, cosa fa e perché ce n’era bisogno.

Attualmente, per editare (leggi: aggiungere, togliere, riordinare o nidificare) le categorie dei blog gestiti tramite Flatpress, c’è solo un banale editor testuale. Il formato con cui è salvata la lista delle categorie è piuttosto difficile da gestire, ed è facile sbagliarsi ad editarle. Ho perciò pensato che sarebbe stato meglio avere una lista di elementi trascinabili e nidificabili, ed ho trovato l’ottimo plugin jQuery “nestedSortable”. Ci ho lavorato un po’ intorno, ed ecco la prima versione dell’editor grafico di categorie (scarica), che permette appunto di aggiungere ed eliminare le categorie cliccando su semplici pulsanti, e di riordinarle e nidificarle con un semplice trascinamento.

Per installarlo, è sufficiente estrarre l’archivio, inviare il contenuto dentro la cartella “fp-plugins” del proprio sito ed abilitare il plugin. Et voilà, magicamente l’editor testuale verrà sostituito dal nuovo editor grafico! Se qualcuno è interessato a partecipare allo sviluppo, posso anche mettere il codice su qualche repository svn. In ogni caso, se lo usate, sarebbe carino che mi citaste con un link.

Infine… Se devo dirla tutta, sono anni che cerco un editor decente di menu per siti internet, ma non ne ho mai visti di soddisfacenti. Nello sviluppare questo editor di categorie, ho preso due piccioni con una fava, visto che può essere facilmente convertito in editor di menu. Appena avrò tempo e voglia…

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Rivaluto Umberto Eco

Finalmente!!! Anche lui ha detto ciò che penso da anni sul “Nome della rosa”!

Umberto Eco: ”Odio ‘Il nome della rosa’, è il mio peggior romanzo”

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Sovrappopolazione

E’ di oggi la notizia che Putin ha annunciato di voler investire ben 37,5 miliardi di euro per aumentare in Russia il tasso di natalità del 25-30% entro il 2015. Pochi mesi fa Gotti Tedeschi se ne uscì con dichiarazioni secondo cui l’unico modo per uscire dalla crisi era investire sulle famiglie così da aumentare il tasso di natalità. Lo stesso Partito Democratico (ahinoi!) sposa questa linea.

Questi tizi (e i cattolici, gli islamici, e tutti gli altri che dicono stronzate simili) li considero degli sciagurati, per non dire di peggio. Potrei capirlo se fossimo nel neolitico e la popolazione umana si contasse a migliaia, ma nel 2011 siamo molto vicini ai 7 miliardi, ed è evidente che non ci sono risorse sufficienti per tutti.

La FAO stima che circa 3 miliardi di persone sono malnutrite, tuttavia la risposta immediata di tutti è che occorre produrre più cibo, ed i più arguti si azzardano a suggerire che basterebbe distribuire meglio quello che si produce. Bene, e cosa accadrà quando diventeremo 8 miliardi? 9 miliardi? 10? Fino a quando riusciremo a produrre più cibo, più medicine (ed innovare quelle esistenti, perché batteri e virus prosperano molto più in fretta in un mondo sovrappopolato), più energia, più acqua potabile, e via dicendo?

Mi chiedo perciò perché continui ad esistere questo mito del “tasso di natalità” che deve essere sempre positivo. Perché far nascere persone che avranno un futuro incerto se non decisamente nero? L’unica giustificazione che trovo è che più persone bisognose portano più ricchezza a chi ne può approfittare.

Ammetto di non capirci granché di economia, ma considerando i tassi di disoccupazione, di malnutrizione, di inquinamento e surriscaldamento globale, a me pare evidente che qualunque persona di buon senso dovrebbe smetterla di vedere di buon occhio un tasso di natalità positivo: è invece una vera e propria sciagura!

Ma tanto, ai nostri cari Putin e cattolici del cazzo, a loro che gliene frega? Il giorno in cui ci sarà una catastrofe globale, il giorno in cui i nostri figli e nipoti (perché di una/due generazioni stiamo parlando, non di un futuro remoto) moriranno tra atroci sofferenze (che siano malattie, fame, guerra o altro, la popolazione dovrà calare, per banali problemi aritmetici, e se non lo facciamo noi in modo soft, la natura ci ha insegnato che lo sa fare in modo molto brutale), loro saranno già nella loro tomba, morti grassocci e beati, nel loro cieco egoismo, fregandosene delle sorti della loro stessa progenie.

E’ mai possibile, mi chiedo, che nel 2011 la crescita della popolazione venga ancora salutata dal pubblico come un fatto di cui gioire e da ricercare il più possibile?

E’ mai possibile che l’istinto alla moltiplicazione sia così connaturato ai nostri geni che qualsiasi politico che prometta l’aumento del tasso di natalità acquisti in popolarità?

E’ mai possibile che la gente non faccia una banale divisione e non si renda conto che sta andando verso la catastrofe?

E’ mai possibile che siamo ancora così bruti da non aver superato l’idea di progresso come mera moltiplicazione e sposato quella di progresso come maggior istruzione, meno malattie, più benessere per tutti, più divertimento e meno lavoro?

Mi pare infatti evidente che se ci decidessimo ad adottare una politica seria, globale, di controllo delle nascite (e soprattutto di cultura del controllo delle nascite), già con le tecnologie attuali saremmo in grado di produrre tutti i beni necessari a trascorrere tutti delle vite agiate, lavorando anche relativamente poco.

Anche qui, il mito del “tasso di occupazione”, a ben pensarci, è solo un inganno. Guardandola dal punto di vista opposto, infatti, appare evidente che per produrre tutto ciò che ci permette di vivere agiatamente, bastano un numero esiguo di persone. E questa, a mio parere, è un’ottima notizia! Significa che abbiamo già delegato alle macchine una grandissima parte del lavoro che in passato solo gli esseri umani potevano svolgere. Non era ciò che abbiamo sempre cercato in tutta la nostra storia, affrancarci dal lavoro manuale?

Mi rendo conto di aver ipersemplificato problemi estremamente complessi, tuttavia credo che queste riflessioni siano sostanzialmente corrette. Abbiamo la possibilità di modificare completamente, in positivo, il nostro modo di vivere. Per la prima volta nella storia dell’umanità, la tecnologia ci permetterebbe di vivere tutti (in numero limitato, forse un paio di miliardi) agiatamente, lavorando tutti poco e godendoci la vita.

Invece, continuamo ad essere schiavi del nostro retaggio biologico che ci fa vedere come conquista più importante il riprodurci ed il garantire un benessere immediato alla nostra caverna.

In quest’ottica ottusa, stiamo facendoci scappare l’occasione di millenni, e stiamo lasciando di nuovo a madre natura il compito di punirci non tanto della nostra iubris, quanto della nostra idiozia.

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Flatpress

E’ opportuno che dedichi un po’ di pubblicità al sistema che ho scelto per gestire il mio blog: Flatpress.

Qualcuno si chiederà per quale motivo non abbia optato per altri programmi più famosi (ad esempio l’ottimo WordPress), che hanno anche, di sicuro, più funzioni. Il motivo è uno, e molto semplice: tutti questi altri programmi richiedono l’accesso ad un database per memorizzare i loro dati (che sarebbe a dire per poter funzionare). Il problema potrà apparire futile, se si ha la fortuna di far girare il proprio sito su un proprio server: installare MySql su un qualsiasi Linux è questione di pochi clic. Ma questa fortuna è alquanto rara. E’ vero altresì che moltissimi provider (compreso quello che ospita i miei siti: Aruba) offrono, oltre all’hosting web, anche account su database. Peccato che se li facciano pagare a parte. Arrivando quindi al succo: ho scelto Flatpress per risparmiare.

Come suggerisce anche il nome, Flatpress usa infatti come sistema di memorizzazione dei semplici file di testo (da cui il “flat”), memorizzati nello stesso “spazio web” in cui è memorizzato il programma. Poiché uno dei lati positivi dell’offerta “base” di Aruba (a soli 25 euro/anno) è uno spazio web virtualmente illimitato (poi è ovvio che oltre un tot si arrabbiano un po’…), dover andare a pagare altri soldi per un account di database che avrebbe invece molti limiti, è uno spreco. E non essendo l’unico che la pensa così, ecco che in giro per internet si scoprono molti programmi “flat”, per i blog, per i siti, per i forum, le wiki, etc.

Flatpress, con tutti i suoi limiti rispetto ai fratelli maggiori non-flat, mi ha convinto, ed ho perciò deciso di adottarlo. Ha infatti alcuni ottimi pregi: è già usato da moltissime persone, ha una architettura a plugin che permette quindi di estenderlo facilmente, esistono già vari temi (creati dagli stessi utenti) tra cui scegliere (e non è difficile modificarli o crearne uno nuovo).

Poiché però sono uno smanettone di natura, non ho fatto in tempo ad installarlo che ho già iniziato a trovarne i difetti e lavorare per correggerli (questo è il bello dell’opensource!!!).
Probabilmente il mio primo contributo alla “comunità flatpress” sarà un plugin (su cui sto già lavorando) per meglio gestire le categorie, visto che al momento la gestione va fatta modificando l’elenco in formato testo.
Poi vorrò senz’altro migliorare il tema che ho scelto (Black Minimalism), per aggiungerci un po’ di ammennicoli quali i “permalink”, il link al feed rss, i link per segnalare un post sui vari digg, stumbleupon, delicious, reddit, etc.
Un altro contributo sarà un plugin per integrare nell’interfaccia di amministrazione un file manager serio, per gestire le immagini ed i vari file “allegati” (pdf, zip, video, mp3,…), organizzarli in cartelle, etc.

In ogni caso, per chi volesse gestire un blog sul proprio sito e non avesse accesso ad un database, credo che Flatpress sia un’ottima scelta: facile da installare, stabile, veloce e semplice.

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Ministero dello Scansionamento Archivi

E’ un dato di fatto che lo Stato spende milioni di euro per dare lo stipendio a moltissimi impiegati statali che non hanno nulla da produrre. Sia chiaro che non sto dicendo che costoro sono scansafatiche, anzi è probabile che molti siano anche frustrati nel sentirsi inutili: illusi da un concorso vinto, pensavano di andare a fare qualcosa e dare un senso alla propria vita, e si sono trovati a fare i passacarte. Fatto sta che per ridurre la disoccupazione (ed assicurarsi qualche voto), negli anni passati si sono fatti moltissimi concorsi senza la reale necessità di assumere persone, e ci sono migliaia di dirigenti dello Stato il cui compito è inventarsi cosa far fare ai propri sottoposti.

Licenziare questa gente non è ovviamente una soluzione: si andrebbe ad allungare la fila dei disoccupati. Metterli in pensione sarebbe un gigantesco spreco: sono ottime braccia (e spesso cervelli) ancora utili.

Bene, esiste un lavoro che chiunque può fare, e che sarebbe enormemente utile: scansionare le tonnellate di documenti conservati nei tantissimi Archivi di Stato. In tali luoghi si celano tesori che sarebbero utilissimi per meglio comprendere la nostra storia, le nostre radici, per ricordare o a volte scoprire fatti, luoghi, persone, evoluzioni. Senza contare la quantità di testi, studi, libri, memorie, introvabili altrove.

Rendere tutto ciò liberamente fruibile da qualsiasi cittadino, ovunque si trovi, a portata di clic, è oggi possibile. Occorrono solo persone che, con cura e delicatezza, prendano faldone per faldone, e ne scansionino il contenuto. E per come è organizzato lo Stato, non sarebbe neanche difficile trovarle: si fonda uno splendido Ministero dello Scansionamento Archivi, si mettono in mobilità le migliaia di impiegati che altrove non servono, e li si invita a trasferirsi al nuovo Ministero. Et voilà: migliaia di persone il cui stipendio è finalmente meritato, e che rendono un grande servizio allo Stato ed ai posteri. Il tutto spendendo esattamente gli stessi soldi che si spendono oggi.

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You’re in a desert, walking along in the sand when all of a sudden you look down and see a tortoise. It’s crawling toward you…

E’ stato inevitabile pensare a Blade Runner quando, i giorni scorsi, mi sono trovato a porre domande improbabili nel ruolo di “recruiter”, per studiare le reazioni dei malcapitati candidati. Tanto che alla fine ho deciso di cambiare lo sfondo del pc aziendale:

Una delle domande improbabili è una serie numerica che ho inventato un po’ di anni fa, e che finora una sola persona è riuscita a risolvere. La ragione per usarla come quesito non è ovviamente per testare l’intelligenza, ma le risposte emotive. Da cui il titolo del post…

Qualora aveste voglia di cimentarvi con la misteriosa serie numerica, eccola qua:

1, 2, 10, 13, 24, 44, 100, ?

Il primo post

Come tutti i blog che si rispettino, anche il mio non può non iniziare con una dichiarazione programmatica, una sorta di manifesto, per dichiarare gli scopi ed i motivi che hanno spinto l’autore a un tale storico passo. Riflettendoci, è curioso che così tante persone si pongano il problema di dichiarare le proprie intenzioni, come se sentissero di stare vivendo un evento che cambierà le sorti del mondo, e che come tale ha bisogno di un adeguato commentario. D’altronde, considerando le manie di protagonismo che l’individualismo sfrenato del mondo occidentale ha creato, non sorprende che ciascuno pensi, nel momento in cui decide di rendere partecipe l’universo del proprio pensiero, di fare un grande regalo all’umanità, e che perciò l’umanità abbia bisogno di sapere i motivi che l’hanno spinto a cotanta generosità, e cosa aspettarsi da questo nuovo preziosissimo flusso di informazioni.

Non nego, quindi, che uno dei motivi che mi spingono ad aprire questo blog è proprio il ritenere che alcune mie idee, se circolassero un pochino e venissero messe in pratica, potrebbero forse rendere migliore questo mondo. Tuttavia sono ben conscio sia delle manie di grandezza di cui sopra, sia dell’altissima improbabilità che questa ennesima voce nell’assordante ciarlare che ci si riversa addosso quotidianamente, avrà un impatto pressoché nullo, e rimarrà sostanzialmente ignorata.

L’altro, vero motivo che mi spinge ad iniziare un blog (il secondo, giacché il primo era quello che narrava ai miei conoscenti della mia sfortunata esperienza dublinese), è di avere uno spazio in cui poter appuntare disordinatamente idee, progetti, commenti, recensioni, e quant’altro capita alla mia mente di produrre e che è poi destinato con uguale velocità ad essere dimenticato. Appunti che saranno perciò principalmente utili a me medesimo, ma che spero potranno far nascere qualche germoglio di nuove idee anche nei pochi lettori che capiteranno qui per caso.

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