Dopo stasera, ho deciso che scrivo un libro “Lo zen e la pulizia del filtro della macchinetta espressa”. Penso che sarà un grande successo editoriale.
Quando siete stufi di bere ciofeche peggio della moka pur facendole col caffè Illy ed un’ottima macchinetta espressa, il maestro zen insegna che è il momento giusto per apprendere i misteri della pulizia del filtro. Nelle varie fasi, si cela infatti un percorso interiore di crescita e consapevolezza, che solo la saggezza orientale e la meditazione possono svelare all’allievo zen. La prima fase, ovvero il “tentativo per la strada più facile e conosciuta”, consiste nell’immergere il detto filtro otturato (per capirci, quello dove si mette il caffè, con tutti i buchini, che con il tempo ed il calcare si otturano e quindi fanno uscire tre gocce di ciofeca alla volta) nell’acqua ed aceto per due notti. L’attesa è una prova per l’allievo zen, insieme all’astinenza da caffè, e grande è il suo disappunto quando al terzo giorno, dopo accurato lavaggio per togliere la puzza d’aceto, si rende conto che la situazione è rimasta immutata.
La seconda fase, ovvero il “tentativo ingegnoso” (che l’allievo zen aveva ipotizzato, ma ha poi trovato su un sito internet e si è perciò convinto della sua correttezza), richiederebbe un compressore d’aria. In mancanza, l’allievo zen userà la pompa per le gomme, e passerà una buona mezz’ora cercando di sturare i buchini con l’aria. Questo è un ottimo esercizio fisico, che gran bene fa all’allievo zen, ma ben poco effetto ha sul filtro in questione.
La terza fase, ovvero la “scorciatoia magica della nonna”, anche è suggerita da un sito internet, e consiste nel passare su un fornello il filtro otturato così da far “tostare” i granellini che otturano i fori. Secondo una qualche teoria infondata, questo procedimento dovrebbe permettere poi di lavare via i granelli scastratisi. Questa fase insegna all’allievo zen l’attenzione nel manovrare oggetti incandescenti e mette alla prova la sua destrezza. Ma ciononostante, scoprirà che la situazione non è cambiata di una virgola.
La quarta fase, ovvero l'”uso della forza bruta”, richiede il sacrificio di uno spazzolino da denti. L’allievo zen si convince che è ora di cambiare il suo spazzolino vecchiotto, e lo usa per spazzolare sia all’interno che all’esterno il filtro otturato, constatando che le setole si infilano in alcuni buchini liberandoli. Grande è la sua gioia, ma dentro sente che non è giusto, non è nello spirito zen l’uso della forza bruta.
Se non fosse un allievo zen, si accontenterebbe di aver sturato un buon 70% dei buchini. Tuttavia nota che c’è un intero lato del filtro che è rimasto ottusamente otturato, e che non ha alcuna intenzione di cedere alla forza bruta dello spazzolino. Questo porterà a sprecare tutta la polvere di caffè che finirà da quel lato, e ciò non è bene, non è zen. Ma sa di essere vicino all’illuminazione zen. Occorre, solo, essere zen.
La quinta fase, ovvero la “stretta via della calma zen”, richiede acume, un paio d’occhiali, molta pazienza ed un pezzo di cavo elettrico. L’allievo zen preleverà da detto cavo un singolo filo di rame, che utilizzerà poi, dosando sapientemente l’intensità e la direzione della forza impressa, per sturare pazientemente, uno ad uno, i buchini rimasti otturati (che, inutile a dirsi, essendo quelli più fetenti si opporranno in ogni modo). Non si adirerà se il filo si piegherà, ma capirà che è il normale e giusto decorso delle cose. Non si annoierà a ciecarsi per ripetere 90 volte la stessa operazione (scoprendo di averla spesso fatta su buchini già sturati), ma ne approfitterà per meditare sul senso della vita.
L’allievo zen sa anche che, giunto a sera dopo una difficile giornata di prove, non è il momento giusto per farsi un caffè, perché lo zen insegna che c’è un tempo per il caffè, ed un tempo per dormire.
Ma domattina, dopo che finalmente quer cazzo de filtro è sturato, vojo proprio vede’ se riesco a beveme un caffè decente!